Festival della Scienza

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Anche i pappagalli sanno contare: l’incredibile storia di Alex e Irene.

Alex è un pappagallo grigio africano. Irene Pepperberg ha un dottorato ad Harvard, dove oggi insegna. Il feeling nasce subito. “Lui era come un bambino – racconta – gli ho insegnato a parlare mostrandogli oggetti. Per esempio, paper, carta. Gli mostravo un pezzo di carta e gli chiedevo: che cos’è? Se sbagliava mi giravo, se ci azzeccava facevamo festa”. Un giorno, l’idea: perché non insegnarli a contare? “Gli mettevo lì tre pezzi di carta, e poi gli chiedevo: quanti sono? Ho iniziato a usare anche le figure: per esempio, un triangolo per fargli capire il concetto di tre, poi un quadrato e via così. Ma la cosa sorprendente è che Alex ha capito da solo come mettere in ordine i numeri”. E qui, la storia sembra magia. Perché non solo Alex comprende il concetto di progressione numerica. Ma impara ad associare la quantità al simbolo dei numeri arabi. “La scoperta interessante è che gli animali, a occhio, sono in grado di contare fino a quattro. Senza ragionare. Ecco, Alex infatti a colpo d’occhio non riusciva a distinguere subito cinque oggetti, per esempio. Ma lo faceva riflettendoci un po’, diciamo così. E questa è la prova che ci arrivava con il ragionamento: aveva fatto un salto in più”. Quando Irene Pepperberg gli mostra i numeri arabi, incredibilmente Alex riesce a collocare il 7 e l’8 al loro posto. Senza che nessuno gli avesse indicato la quantità che rappresentavano: “L’ha capito da solo”. Ma l’avventura non finisce qui. Perché il pappagallo riesce addirittura a fare esercizi logici. Con colori e forme. “Cose tipo scopri le differenze, o numeri associati ai colori”. E qui, Alex tira fuori anche la sua personalità, se così si può chiamare: “Ricordo che questo gioco di associare al colore un numero non gli piaceva. Una volta sul tavolo ho messo un 3 verde, un quattro giallo e un sei nero, e gli chiedevo: cosa è verde? Lui continuava a rispondere: cinque! Non c’era verso. Alla fine gli ho chiesto: ma di che colore è questo cinque? E lui: nessun colore. Capite? Mi stava prendendo in giro, e ne era pienamente consapevole! Sapeva come manipolarmi perché io gli facessi la domanda che voleva ricevere”. Alex, oggi, non c’è più. Ma gli esperimenti continuano: “Con altri due pappagalli, Griffin e Arthur”. Nostalgia? “Alex era speciale. E poi per dieci anni è stato trattato come un figlio unico, tutti a fornirgli stimoli sempre nuovi. Un po’ viziato, insomma. Ma aveva questa capacità di andare oltre, di essere anche indisciplinato!”. La scoperta è dirompente: “Anche altri animali sono in grado di capire un linguaggio simbolico: la scimmia, per esempio. E poi i pesci, le api, i polli. Ordinano i numeri per istinto di sopravvivenza”. Qualcuno dirà: bello, certo. Ma a che serve? “Per la scienza è molto importante. Intanto, per capire come lavorano cervelli diversi da quello umano. Poi, perché molte tecniche usate con Alex si sono rivelate utili con i bambini autistici. E infine, per conservare la specie. Molti pappagalli sono a rischio estinzione, e se l’uomo capisce quanto siano intelligenti sarà anche spinto a proteggerli”.

 

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